
Crotone,
la citta' di Pitagora
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Davanti
al Castello di Carlo V, costruito nel 1541, tra le torri
che delimitano il centro storico, c’è un grande borgo
con un vecchio cortile dove giocano i bambini. Accanto
a loro alcune donne, testimoni di antiche tradizioni,
lavorano ancora all’uncinetto. Qui fa buio tardi, ma
sotto il cielo limpido e i caldi raggi solari si avverte
un sapore di antico. Questa è Crotone, la porta della
Magna Grecia.
Crotone,
fondata nel 709 a.C. da Miscello di Ripe , raggiunse
il suo momento di eccellenza nel VI secolo a.C., quando
la città si affermò come punto di riferimento per la
cultura filosofica, la matematica, la medicina e l’atletica,
grazie a personaggi mitici come Pitagora, Alcmeone,
Milone. Di questo illustre passato continuano
a venire alla luce testimonianze significative, come
il diadema aureo di pregevolissima fattura che coronava
la testa di Hera, oggi conservato nel Museo Archeologico
Nazionale. Ma l’antica città che in epoca classica si
sviluppava, secondo Tito Livio, per circa diciotto chilometri,
giace ancora sepolta, e il luogo dove venne costruito
il castello di Carlo V ne rappresentava l’acropoli.
Una
città sospesa tra antico e moderno, come testimoniano
gli insediamenti industriali e commerciali da un lato,
e, dall’altro, le vestigia di un’altra storia, tutta
da scoprire: i palazzi baronali e le chiese, i reperti
di diverse epoche storiche del Museo Civico, i rinvenimenti
greco-romani del Parco Archeologico di Capo Colonna,
dove sorse uno dei più antichi templi di Hera, la madre
degli dei. Luogo di culto, senza tempo, in cui la cristianità
si sovrappone al paganesimo, attraverso la processione,
nel mese di maggio, dietro l’icona bizantina della Madonna
venerata dai crotonesi.
Con
una sua identità peculiare, Crotone vale certamente
un viaggio, un’esplorazione. È una città da vivere,
attraversando i suoi vicoletti, respirando i suoi odori,
osservando i suoi abitanti, come fecero i grandi viaggiatori
come François Lenormand, Gorge Gissing, Norman Douglas,
che hanno lasciato ritratti profondi, di gente cortese
verso il forestiero e dotata di una naturale disposizione
all’ospitalità.
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